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che è la dignità del contadino siciliano. Pareva che istintivamente si trincerasse nella sua ignoranza, come fosse la forza della povertà. Tutte le volte che rimaneva a corto di argomenti ripeteva: — Io non ne so nulla. — Io sono povero — con quel sorriso ostinato che voleva essere malizioso.
Aveva chiesto al suo amico Alfonso di scrivergli il nome di Mara su di un pezzetto di carta che aveva trovato chi sa dove, perchè egli raccattava tutto quello che vedeva per terra, e se l’era messo nel batuffoletto dei cenci. Un giorno, dopo di esser stato un po’ zitto, a guardare di qua e di là soprappensiero, gli disse serio serio:
— Io ci ho l’innamorata.
Alfonso, malgrado che sapesse leggere, sgranava gli occhi. — Sì, — ripetè Jeli, — Mara, la figlia di massaro Agrippino che era qui; ed ora sta a Marineo, in quel gran casamento della pianura che si vede dal piano del lattigliere, lassù.
— O ti mariti dunque?