amico don Alfonso, mentre era in villeggiatura, andava a trovarlo tutti i giorni che Dio mandava a Tebidi, e dividevano fra di loro i buoni bocconi del padroncino, e il pane d’orzo del pastorello, o le frutta rubate al vicino. Daprincipio, Jeli dava dell’eccellenza al signorino, come si usa in Sicilia, ma dopo che si furono accapigliati per bene, la loro amicizia fu stabilita solidamente. Jeli insegnava al suo amico come si fa ad arrampicarsi sino ai nidi delle gazze, sulle cime dei noci più alti del campanile di Licodia, a cogliere un passero a volo con una sassata, o montare correndo di salto sul dorso nudo delle giumente ancora indomite, acciuffando per la criniera la prima che passava a tiro, senza lasciarsi sbigottire dai nitriti di collera dei puledri indomiti, e dai loro salti disperati. Ah! le belle scappate pei campi mietuti, colle criniere al vento! i bei giorni d’aprile, quando il vento accavallava ad onde l’erba verde, e le cavalle nitrivano nei pascoli! i bei meriggi d’estate, in cui la campagna, bianchiccia, taceva, sotto il cielo fosco, e i grilli