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non era un maschio pianse come aveva pianto la sera in cui aveva chiuso l’uscio del casolare dietro al cataletto che se ne andava, e s’era trovata senza la mamma; ma non volle che la buttassero alla Ruota.

— Povera bambina! Che incominci a soffrire almeno il più tardi che sia possibile! — disse.

Le comari la chiamavano sfacciata, perchè non era stata ipocrita, e perchè non era snaturata. Alla povera bimba mancava il latte, giacchè alla madre scarseggiava il pane. Ella deperì rapidamente, e invano Nedda tentò spremere fra i labbruzzi affamati il sangue del suo seno. Una sera d’inverno, sul tramonto, mentre la neve fioccava sul letto, e il vento scuoteva l’uscio mal chiuso, la povera bambina, tutta fredda, livida, colle manine contratte, fissò gli occhi vitrei su quelli ardenti della madre, diede un guizzo, e non si mosse più.

Nedda la scosse, se la strinse al seno con impeto selvaggio, tentò di scaldarla coll’alito e coi baci, e quando s’accorse che era proprio morta,