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312 | lacrymæ rerum. |
si misero a frugare dappertutto, scrivendo dei fogliacci in fretta. La famigliuola li seguiva di stanza in stanza tristamente. La roba fu portata via, alcuni giorni dopo, e delle poche masserizie rimaste caricarono un carro, e se ne andarono dietro a quello, il padre prima, coll’ombrello sotto il braccio, e la moglie dietro coi bambini in coda e il poppante al collo, senza neppure voltarsi a guardare quelle finestre che rimasero spalancate notte e giorno, per mesi e mesi, come se il padrone avesse voluto farne svaporare il tanfo di miseria che vi si era rinchiuso.
Poi vi tornarono dei mobili eleganti, e delle stoffe ricche appese alle finestre. Non vi si udirono più nè strilli nè schiamazzi; ma un silenzio beato dappertutto; i lumi sembrava s’accendessero da sè, fin nella camera azzurra che aveva una luce velata d’alcova. Non vi si vedeva nessuno; soltanto a notte alta, una testa che faceva capolino timidamente, e guardava nella via, socchiudendo adagio adagio le per-