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lacrymæ rerum 311

fra le mani, sotto il lume che agonizzava. La mattina usciva a buon’ora col passo frettoloso. Di tanto in tanto si udiva una scampanellata furiosa in anticamera, e la madre correva a chiudersi in camera, facendo segno al suo ragazzo di dire che non c’era, coll’indice sulle labbra. Il bimbo tornava, dopo un lungo ciangottare, a parlar colla mamma, la quale riaffacciava la testa allo sbattere violento della porta che faceva tintinnare il campanello; e l’uomo che se ne era andato così in collera, si fermava in mezzo alla strada, a spiare la finestra chiusa. Alle volte la povera donna era costretta a mostrarsi, per calmare il visitatore che non voleva sentir ragione, giungendo le mani in croce, con gran gesti che volevano esser creduti. Tutte le finestre spalancate lasciavano diffondersi pel vicinato indifferentemente pianti di bimbi e liti di genitori. Un giorno, verso mezzodì, venne un vecchietto col cappello bisunto e un fascio di cartacce in mano, seguíto da due uomini malvestiti, i quali