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310 | lacrymæ rerum. |
bionda e rosea, che sollevava la tendina allato a una testa bruna e sorridente. Nella sala attigua, sotto un grande specchio dorato che rifletteva la luce di una lumiera velata da un paralume color di rosa, si udivano alle volte le note allegre di un pianoforte, nello scrosciare della pioggia notturna.
Quando giunse la primavera, e l’usignuolo tornò a cantare fra il verde del terrazzino, e le ragazze al lume di luna, i due innamorati presero il volo come due farfalle, e non si videro più. Al settembre la casa mutò d’aspetto, e nella camera azzurra venne a stare un gran letto matrimoniale, che tutte le mattine prendeva aria onestamente dalla finestra spalancata. La casa risonò da mattina a sera del gridío dei bimbi, e degli strilli del neonato che la mamma allattava a piè del letto. Il marito tornava la sera stanco, colla faccia disfatta, e litigava tutto il tempo colla moglie e coi figliuoli. Poi rimaneva a scartabellare dei conti sulla tavola sparecchiata, sino ad ora tarda, colla fronte