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308 | lacrymæ rerum. |
aveva una faccia pallida da malato o da prigioniero, colle gote azzurrognole di una folta barba accuratamente rasa.
Di poi quella finestra rimase chiusa e buia la notte; e le altre accanto si aprirono ogni mattina a lasciare entrare l’estate che veniva. E la sera perfino vi si affacciavano timidamente delle giovanette vestite di nero, che ascoltavano in silenzio la canzone nuova, il suono del pianoforte di sotto, e il chiacchiericcio dei vicini.
Una mattina di settembre si videro tutte le finestre spalancate, e le stanze vuote, anche quella gialla, che si era spogliata delle meschine tende bianche, e mostrava una gran macchia di un giallo più carico al posto del letto che non c’era più. Quelle povere masserizie erano sgomberate silenziosamente nella notte, colla triste famigliuola timida. Una vecchia serva venne a pigliare il vaso di garofani, mentre il padron di casa andava guardando per ogni dove coi muratori, gridando e bestemmiando. Egli additava le macchie della vecchia tappezzeria