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lacrymæ rerum 305

dietro supplichevole sino alla porta, colle mani giunte e il viso disfatto; anch’essa diceva di sì col capo, macchinalmente, cogli occhi sbarrati e quasi pazzi in quelli del vecchio. Poi quando egli fu partito, si celò il viso nel fazzoletto e rientrò nell’andito.

Era una sera di primavera, tepida e dolce. Dalla strada saliva la canzone nuova, e il chicchierío delle ragazze innamorate, nel plenilunio d’aprile. Al primo piano della casa, dietro una ricca tenda di broccato, si udiva sonare il valzer di Madama Angot.

Poscia per la via deserta si udì una squilla, lo scalpiccío e il borbottare dei fedeli che accompagnavano il viatico; s’affacciarono i vicini, alcuni ginocchioni, col lume in mano, e la folla s’ingolfò sotto la porta spalancata a due battenti, fra due file di lanterne che andavano balzelloni. Tutte le finestre del quartierino desolato si illuminarono per la prima volta, dopo tanto tempo, per l’ultima solennità, mentre la folla degli estranei ingombrava