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quelli del colèra. | 293 |
caffè di Agostino il portalettere, buon’anima, avevano dimenticato il lume acceso, nella bottega vuota, i bicchieri ancora capovolti nel vassoio, e dinanzi all’uscio c’era un crocchio di gente che discuteva colla faccia accesa. Neli, il maggiore dei figliuoli, sporgeva il capo di tanto in tanto fra le tendine dello scaffale, più pallido del suo berretto da notte, cogli occhi gonfi, per vedere se qualcuno venisse a prendere il rum o l’acquavite. E a tutti coloro che l’interrogavano dall’uscio, senza osare di entrare, rispondeva quasi sempre scrollando il capo: — Così! Sempre la stessa! — Poi si vide uscire dalla parte del vicoletto la ragazzina che andava correndo dal sagrestano per le candele benedette.
Ogni momento giungeva qualcheduno che veniva dalla casa di Zanghi, e aveva visto dall’uscio spalancato il letto in fondo alla camera, col lenzuolo disteso, le candele accese al capezzale e i figliuoli che piangevano. Altri portavano altre brutte notizie. — Il Capo Urbano