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272 | nanni volpe. |
che rispondere, dondolandosi or su una gamba e ora sull’altra, col berretto in mano.
— Rimetti il tuo berretto, — conchiuse lo zio Nanni. — Qui sei in casa tua, e puoi venirci quando vuoi. Anzi sarà meglio, per guardarti i tuoi interessi. —
E come l’altro spalancava gli occhi di bue:
— Sì, sì, va’ a chiederlo al notaro il testamento che ho fatto, ingrataccio! “L’anima a Dio e la roba a chi tocca.” —
Allora Raffaela saltò su come una furia:
— L’anima la darete al diavolo! Come un ladro che siete! Sì, un ladro! Perchè vi ho sposato dunque?
— Questo è un altro affare — rispose Nanni spogliandosi per tornare a letto — un altro affare che non può aggiustarsi, al caso, come un testamento.
— Ohè! — gridò Carmine affrontando la zia, che voleva slanciarsi colle unghie fuori. — Ohè! non toccate mio zio! O vi tiro il collo come una gallina. —