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.... e chi vive si dà pace. 233

Tabor. Ghita era venuta a prenderla per forza, e anche Cesare, il quale s’era fatto dare il permesso quel giorno dalla padrona, e le aveva detto, stringendole le mani: — Venga, venga con noi! Così, a star sempre chiusa, piglierà qualche malanno! — Una gran tavolata all’aria aperta, l’altalena e il giuoco delle bocce. — Cesare, che pensava sempre ad una cosa, le rispose: — M’importa assai delle bocce adesso! Mi lasci stare vicino a lei piuttosto, chè non la mangio mica! — La sera poi, al ritorno, le diede il braccio; tutta la brigata a piedi pel bastione, sotto i platani che lasciavano cadere le foglie. Una bella sera tutta stellata. Delle ombre a due a due che si parlavano all’orecchio, sui sedili, voltando le spalle alla strada.

Anna Maria chiacchierava di questo e di quello, per non lasciar cadere il discorso. L’altro zitto, a capo chino. — Buona sera, buona sera. — Aspetti, aspetti. L’accompagno sino all’uscio, di sopra. Non voglio che salga le scale così al buio e tutta sola. Ora accendo un ce-