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228 | .... e chi vive si dà pace |
fra i solchi, come punti neri. Qua e là, dei lampi che partivano dalla terra bruna; e il rombo continuo, nelle colline dirimpetto: delle nuvolette dense che spuntavano in fila sulla cresta.
Detto fatto, i pezzi in batteria, e musica anche da questa parte. Allora, dopo cinque minuti, attorno alla batteria cominciò a tirare un vento del diavolo; la terra che volava in aria, gli alberi dimezzati, solchi che si aprivano all’improvviso, dei sibili acuti che passavano sui chepì. Però attenti al comando, e nient’altro per il capo; nè capelli bianchi, nè capelli neri. — Abbracci’ avanti! — Alt! — Caricat! Prima il povero Renacchi che stava per compir la ferma. — Mamma mia! Mamma mia — Numero due, manca! — Attenti! — Si udiva il comando secco e risoluto del biondo ufficialetto che stava impettito fra i due pezzi, ammiccando nel fumo, cogli occhi azzurri di ragazza, i quali vedevano forse ancora il piccolo coupé nero che aspettava in piazza d’armi, e la mano bianca allo sportello. — Abbracci’