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l'agonia d'un villaggio. 213

straordinario di carri, cavalli, gente che gridava, e soldati col fucile ad armacollo, quasi l’avanguardia di un esercito in rotta. Si camminava su di una sabbia nera, fra due file di case smantellate, irregolari, cogli usci e le finestre divelte. La gente ancora affaccendata a portare via roba. Dal balcone di una casa nuova calavano gridando — largo — un armadio monumentale. Una vecchierella stava a custodia di alcune galline, seduta su di un cesto, in un cortile ingombro di doghe e cerchi di botte. E qua e là, sulle porte senza uscio, vedevasi qualche povero diavolo che voltava le spalle alle stanzucce nude, aspettando colle mani in mano e il viso lungo, in silenzio, come nell’anticamera di un moribondo. Sul marciapiede del Casino di Compagnia erano schierate su due file di sedie alcune signore venute a vedere lo spettacolo, che si facevano vento, degli uomini che fumavano, un sorbettiere portava in giro dell’acqua fresca, il baldacchino del Santissimo appoggiato al muro, colle aste in