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212 | l'agonia d'un villaggio. |
piedi, uomini e donne taciturni, recandosi in collo dei bambini sonnolenti, coi volti accesi dalla caldura e dall’ambascia. Pei casolari, nelle borgate, lungo la via, gli abitanti affacciati per vedere, colle mani sul ventre; qualche vecchierella che attaccava un’immagine miracolosa allo stipite della porta o al cancello dell’orto; i monelli che ruzzavano per terra festanti; e sulle porte spalancate delle chiesuole, la statua del santo patrono, luccicante sotto il baldacchino, come un fantasma atterrito, colle candele spente, e i fiori di carta dinanzi. A Torre del Grifo scaricavano carrate intere di assi e di tavole sulla piazzetta, per le baracche dei fuggiaschi. Le pompe d’incendio tornavano indietro di gran trotto, col fracasso di carri d’artiglieria; e in alto, dirimpetto, il vulcano tenebroso, dietro un gran tendone di cenere, lanciava in aria, con un rombo sotterraneo, getti di fiamme alti cinquecento metri.
All’ingresso del paesetto era un ingombro