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174 artisti da strapazzo.


Avevano preso a frequentare un caffeuzzo oscuro annesso al teatro, una specie di succursale dell’agenzia, dove bazzicavano soltanto gli artisti a spasso, che vi facevano un gran consumo di virginia ai ferri e d’acqua fresca, sparlando dei colleghi assenti, portandovi le prime notizie dei fiaschi, sempre a caccia di cinque lire, e giocando alle carte sulla parola. Gennaroni vi conduceva la sua amante di prima sera, per risparmiare il lume; la faceva sedere nel suo cantuccio, lì vicino alla stufa, dove nessuno andava a disturbarla, giacchè il garzone del caffè era avvezzo a non seccar la gente se prima non lo chiamavano, e si metteva a giocare a scopone, oppure se ne andava pei suoi affari. Spesso le diceva: — Sai, mia cara, io non sono geloso! — Ma il primo ballerino si limitava a strizzarle l’occhio da lontano, col gomito appoggiato al banco, e il busto inarcato sotto la giacchetta bisunta. Marangoni, all’ombra del suo enorme cappellaccio, facendole il solletico colla barbona nel parlarle all’orec-