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porta che si apriva a riceverli e si rinchiuse poco dopo; vide che nel salotto ove abitualmente dimorava la contessa, venivano accresciuti i lumi.
Poco dopo la dolce voce di Narcisa, col suo accento molle ed armonioso d’indefinibile espressione, fece battere fortemente il cuore del povero giovane.
— Mio Dio!... che buio!... Ma dormono tutti in questa casa stassera!...
Indi alcuni suoni, tratti così a caso dal pianoforte, quasi le dita cercassero le note di una fantastica melodia, che si stancarono presto a riprodurre e che diede luogo al terzetto finale d’Ernani, anch’esso poco dopo interrotto, colla stessa capricciosa volubilità, per un valtzer allora in gran voga: Il Bacio, di Arditi.
Però sembrava che un’attitudine estraordinaria facesse, in chi suonava, supplire a tutte le lievi imperfezioni di esecuzione, che venivano dalle difficoltà che incontrava, con una espressione molto rara, che traeva degli impeti e dei fremiti di delirio festevole dalle note del valtzer e faceva piangere con quelle del melodramma.