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lagrime, che Raimondo avrebbe stentato a riconoscere, nel suo accento duro e quasi cupo, se gli fosse stato meno famigliare.

Si appressò ancora, e vide il suo amico seduto sullo scaglione del marciapiede, coi gomiti sui ginocchi e il mento fra le mani.

— Tu qui!... a quest’ora! — esclamò Raimondo.

— Che vuoi, ti dico?! — replicò con maggiore asprezza Pietro. Non son forse più padrone di fare quello che mi piace?!...

Raimondo capì che quello non era il momento di parlare al suo amico; e sospirando tristamente, poichè allora soltanto scoperse lo spaventoso abisso del precipizio su cui egli si cullava, sedette silenzioso al suo fianco.

Pietro rimase muto, come non avvedendosene, cogli occhi di una sorprendente lucidità, fissi sul lume che brillava dietro le tende di seta del verone.

Qualche volta, a lunghi intervalli, egli trasaliva, ed una gocciola, come di sudore, che partiva dall’orbita, luccicava un momento solcando le sue guance. Ad un tratto egli afferrò con violenza il braccio di Raimondo.