Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
— 166 — |
davamo a Mergellina per la Riviera di Chiaia. Io non ti potrei esprimere le sempre nuove sensazioni che costei mi faceva provare, in quell’ora, seduta accanto a me sui cuscini della carrozza.
«Noi lasciavamo il calesse per correre, di notte, come fanciulli, tenendoci per la mano, sedendoci a terra quando eravamo stanchi.
«Il sole ci sorprendeva spesso ancora passeggiando, come nelle prime ore della notte; e allora noi correvamo a casa per levarci poi alle cinque.
«Qualche altra volta uscivamo a cavallo. Narcisa cavalca come un’amazzone, e noi galoppavamo verso Posillipo. Io mi spaventavo nel vedere con quale audacia piena di grazia quel fragile corpo che sembra soltanto armonizzato per le più delicate carezze, quella giovane nervosa che sembra vivere una vita a metà aerea come quella di una farfalla, sfidava i pericoli della corsa, superando gli slanci impetuosi di Arbek, il mio focoso cavallo, con tutta la disinvoltura di un cavallerizzo.
«Quando ritornavamo, coi cavalli ane-