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pensile, appoggiati alla ringhiera di pietra della terrazza, guardavano il sole che tramontava dietro quel mare azzurro che si stendeva immenso ai loro piedi ed ove si specchiavano Ischia e Procida. Narcisa teneva appoggiata la testa sulla spalla di Pietro, e di quando in quando si aggrappava al collo di lui colle sue candide braccia per passare le sue labbra sulla fronte e gli occhi di lui con mille baci muti della sua bocca tremante che ne formavano un solo.

— Che vita!... mio Dio! che vita!!!... — mormorava ella soltanto qualche volta.

— Eppure, mio dolce angioletto, quando io bacio questa tua fronte, e mi premo fra le labbra questi capelli, e ti chiudo gli occhi colle mie mani, e mi sento fremere fra le braccia questo tuo corpo da fata... io non credo, no... malgrado che io chiuda gli occhi, malgrado che io torturi disperatamente il mio cervello, per crederlo, che ciò che io provo di sì immenso, di sì convulso, di sì spasimante nella voluttà del piacere, nel delirio del godimento, mi viene da te;... che tutto ciò non è uno splendido sogno della mia fantasia, come