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lo scintillare dei suoi occhi infuocati fra i peli che gli cadevano dal cappuccio sulla fronte; e quello sguardo che fissò su quei cavalieri giovani, ricchi, eleganti; su quelle mani in guanti bianchi che si sporgevano fuori dei palchi ad imporgli silenzio; su quelle signore belle, profumate, splendenti di gemme; su quella folla dorata che faceva il più vivo contrasto con quella brutta, cinica, briaca, cenciosa, che l’accompagnava, quello sguardo fu d’odio immenso, indicibile, e anche di feroce vendetta.
— Abbasso gli aristocratici! — gridò egli, Pietro, il giovane aristocratico per istinto; — abbasso i guanti bianchi! Vogliamo la Fasola! Suonate la Fasola!
A quelle parole successe un immenso schiamazzo di urli che applaudivano alle sue parole e chiamavano la Fasola, questa danza popolare. I carabinieri, quantunque avessero spiegato la massima energia nel cercare di calmare l’effervescenza, erano in troppo piccol numero per imporsi a quella folla resa audace dalla sua istessa insolenza; finalmente si fece