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Poco prima di mezzanotte fu aperto il ballo. Quella folla ululante irruppe come un torrente limaccioso nella sala.

I palchetti erano gremiti di elegantissime dame e di signori mascherati con lusso. Poco dopo si aprì l’uscio di un palchetto di seconda fila ed entrò la contessa di Prato, mascherata da baccante, accompagnata dal marito e da un bel giovanotto biondo, sottotenente negli Usseri di Piacenza, che le tolse dalle spalle la mantelletta Fatma di peluscio. Giammai la signora aveva brillato di tutta la pompa affascinante delle sue seduzioni irresistibili, come quando si avanzò sul parapetto della loggia colle braccia, le spalle ed il petto nudi nel suo abito diafano di velo, col suo sorriso sulle labbra, con quel piccolo grappolo d’uva e quell’unica foglia verde a metà nascosti tra i riflessi cenerognoli de’ suoi capelli neri, che vi si inanellavano attorno alla fronte e le cadevano mollemente sul collo.

Pietro non alzò nemmeno gli occhi verso i palchetti. Non osava di farlo, di dissipare forse collo spettacolo di quella profusione di