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56 | nedda |
il latte, giacchè alla madre scarseggiava il pane. Ella deperì rapidamente, e invano Nedda tentò spremere fra i labbruzzi affamati il sangue del suo seno. Una sera d’inverno, sul tramonto, mentre la neve fioccava sul tetto, e il vento scuoteva l’uscio mal chiuso, la povera bambina, tutta fredda, livida, colle manine contratte, fissò gli occhi vitrei su quelli ardenti della madre, diede un guizzo, e non si mosse più.
Nedda la scosse, se la strinse al seno con impeto selvaggio, tentò di scaldarla coll’alito e coi baci, e quando s’accorse che era proprio morta, la depose sul letto dove aveva dormito sua madre, e le s’inginocchiò davanti, cogli occhi asciutti e spalancati fuor di misura.
— Oh! benedette voi che siete morte! esclamò. — Oh! benedetta voi, Vergine Santa! che mi avete tolto la mia creatura per non farla soffrire come me!