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del castello di trezza 257

era quasi buio. La grossa tavola che faceva da ponte levatoio sull’abisso spaventoso il quale spalancavasi sotto la rocca, a quell’ora era un passaggio pericoloso. I più prudenti si fermarono prima di metterci piede, e proposero di mandare al villaggio per cercar dei lumi.

— Avete paura? esclamò il signor Giordano con un sorrisetto sardonico.

E si mise arditamente sullo strettissimo ponte. Sua moglie lo seguì tranquilla e un po’ pallida, Luciano le tenne dietro e le strinse la mano.

In quel momento, a cento cinquanta metri sul precipizio, accanto a quel marito di cui s’erano svegliati i sospetti, quella stretta di mano, di furto, fra le tenebre avea qualcosa di sovrumano. L’altro li vide forse nell’ombra, lo indovinò, avea calcolato su di ciò... Si volse bruscamante e la chiamò per nome. Si udì un grido, un grido supremo, ella vacillò, afferrandosi a