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del castello di trezza 255

anch’essi. Quando l’uragano taceva, provava un terrore più arcano, e con un movimento macchinale nascondeva il capo sotto le coltri, per non udire qualcosa di terribile. Ad un tratto quel suono che parevale avere udito in mezzo agli urli della tempesta, quel gemito d’agonia, visione o realtà, s’udì più chiaro e distinto. Allora mise uno strido che non aveva più nulla d’umano, e si slanciò fuori del letto.

Il barone, svegliato di soprassalto, la scorse come un bianco fantasma fuggire dalla finestra, si precipitò ad inseguirla, saltò sul ballatoio e non vide più nulla. La tempesta ruggiva come prima.

Sul precipizio fu trovato il fazzoletto che avea asciugato quel sudore d’angoscia sovrumana.