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del castello di trezza 247

a riuscire dietro la finestra di Donna Violante.

Don Garzia era seduto colle spalle alla finestra, e stava cenando. La moglie eragli di faccia, col mento sulla mano e gli occhi fissi, impietrati. Ad un tratto, fosse presentimento, fosse fluido misterioso, fosse qualche lieve rumore fatto dal giovane coll’appoggiare il viso ai vetri, ella trasalì, alzò il capo vivamente, e i suoi sguardi s’incontrarono con quelli del paggio a guisa di due correnti elettriche.

— Cos’avete? domandò il barone.

— Nulla; diss’ella, bianca e impassibile come una statua.

Il barone si voltò verso la finestra: — Che rumore e cotesto?

Donna Violante chiamò la cameriera; e le ordinò di chiudere bene; era fredda e rigida come una statua di marmo. — Sarà il vento, soggiunse, o la finestra non è ben chiusa.