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del castello di trezza 243

perchè egli possa starle sempre vicino senza dar da ciarlare ai vostri nemici.

Il barone aggrottò le ciglia, e rispose:

— Amici e nemici mi conoscono abbastanza perchè nè la cosa nè le ciarle siano possibili.

Sugli occhi della donna lampeggiò un sorriso da demone.

— E poi, aggiunse Don Garzia, vi stimo abbastanza per temere che voi, nobile e fiera, possiate scendere sino ad un paggio. E buttandole galantemente le braccia al collo accostò le sue labbra a quelle di lei. Ella, bianca come una statua, gli rese il bacio con insolita energia.

Nondimeno, malgrado l’alterigia baronale, e la fiducia nella sua possanza, Don Garzia era tal vecchio peccatore da non dormir più tranquillo i suoi sonni una volta che gli era stata messa nell’orecchio una pulce di quella fatta, e, andato a trovar Corrado:

— Orsù, bel giovane, gli disse, eccoti