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del castello di trezza 239

gendo; andò ad appoggiarsi al davanzale, a bere avidamente la fresca brezza della notte. Quattro ore suonavano in quel momento; non si vedeva un sol lume, nè si udiva una voce. Che cosa avveniva in quell’anima combattuta? Nessuno avrebbe saputo dirlo, lei meno di ogni altro, chè tali pensieri sono vertiginosi, tempestosi anche, come è complesso il sentimento da cui emanano. E ad un tratto volgendosi bruscamente verso di lui:

— Senti, gli disse. Hai torto! Paggio o no, povero o no, sei bello e giovane da far perdere la testa, e hai torto a non essere l’amante della Mena; il tuo padrone, che è vecchio e brutto, l’ama.... l’amore è la giovinezza, la beltà, il piacere; non ci credevo.... ma mio marito me l’ha insegnato, — e questo marito non è nè giovane, nè bello, nè gentile. — Io mi son data a lui — ero bella, ti giuro, ero bella allora, delicata, tutta sorriso, col cuore ansioso e