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del castello di trezza 237

berato così all’audacia del paggio, che il cuore della donna si sarebbe chiuso per sempre. Ma il giovinetto sospirò, e rispose chinando gli occhi:

— Ahimè! madonna!

Quel sospiro aveva un’immensa attrattiva.

Mille nuovi sentimenti confusi e violenti andavano gonfiandosi nell’animo della baronessa, come le nubi su di un mare tempestoso. Ella pure, bianca, superba, ella che discendeva da principi reali e da re castigliani, non potè fare a meno di paragonare quel giovinetto ingenuo, leggiadro, che avea cuore di cavaliere sotto una livrea di domestico, a quell’uomo rozzo, brutto, villano, coronato di barone, cui s’era data, e il quale la posponeva ad una bellezza da trivio, che portava zoccoli ai piedi e sacchi di farina sul dorso. Lagrime ardenti le luccicarono nell’orbita, asciugate subito da qualcosa di più ardente ancora, divorate in segreto; tutto quel movimento interno sembrava aver