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del castello di trezza | 167 |
a questi avanzi di davanzale, a guardare il mare, come noi adesso... — ed ella vi posò la mano febbrile — qui.
Ei chinò lo sguardo sulla mano, poi guardò il mare, poi la mano di nuovo. Ella non si muoveva, non diceva motto, guardava lontano. Andiamo, disse a un tratto, la leggenda è interessante, ma mio marito a quest’ora deve preferire la campana del desinare. Andiamo.
Il giovane le offrì il braccio, ed ella vi si appoggiò, rialzando i lembi del vestito, saltando leggermente fra i sassi e le rovine. Passando presso uno stipite sbocconcellato, osservò che c’erano ancora attaccati gli avanzi degli stucchi.
— Se potessero raccontare anche questi! disse ridendo.
— Direbbero che allo stesso posto dove s’è posata la sua mano, ci si è aggrappata la mano convulsa della baronessa, la quale tendeva l’orecchio, ansiosa, verso quell’an-