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a mettersi al suo posto, colla sua regolarità d’impiegato.

Al giunger della lettera dello zio canonico che prometteva il consenso della madre del giovane, e voleva sapere quel che avrebbero assegnato in dote all’Elena, donn’Anna saltò su tutte le furie, ricordandosi dell’offesa mortale che avevano fatto alla sua casa, e cominciò a strillare che la gallina si piuma dopo morta, e invece loro erano ancora in vita, lei e suo marito, e non intendevano spogliarsi a beneficio di un’ingrata che li aveva piantati a quel modo. Del resto poi avevano un’altra figlia da maritare, e quella siccome era buona ed amorevole, meritava più dell’Elena. Lui, se aveva fatto quella prodezza voleva dire che si sentiva di mantenere la moglie, senza bisogno della dote. La sua figliuola portava con sè non una ma cento doti, con tutte quelle virtù che possedeva, e come l’avevano insegnata lei. Il signor avvocato poteva ringraziare Dio e i Santi per la fortuna che aveva acciuffata, e non andare a cercar altro.