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passeggiare col canonico, per regolare gli affari della figliuola, prima di riprendersela.

Egli era venuto armato del codice, del commentario, di tutti i suoi libri legali, felicissimo di poter sfoderare la sua eloquenza e i suoi cavilli. Donn’Anna rovistava le casse e gli armadii della figliuola, andava attorno pel vicinato a dir roba da chiodi del genero, tirandosi dietro, in prova, la Camilla rassegnata e calma come una vittima. Il paese ci godeva nello scandalo, lo allargava coi commenti, lo faceva irrimediabile. Elena chiusa nella sua stanza, non si lasciava veder più, e don Peppino se n’era andato a Napoli per fuggire lo scandalo — per aspettarla laggiù — dicevano le male lingue.

— Ah! finiamola, finiamola presto, per carità, diceva Cesare allo zio, come uno che stia per perder la ragione.

Il canonico, onde cercare di evitare il chiasso quanto poteva, aveva fatto ogni concessione. Finalmente, regolati gli interessi, come voleva don Liborio, fissarono il giorno della partenza.