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colle chiacchiere sentite in caffè, dinanzi al banco del farmacista, nello studio del notaio. Egli aveva raccolto, come gli altri del paesello, i pettegolezzi che correvano sulla riputazione dell’Elena. Alla sua primitiva ammirazione ingenua per la cittadina, gonfiata nella disoccupazione del paesello, si mescolava adesso un sapore più acuto, l’immagine della sua nuca bianca, dei suoi occhioni grigi, le carezze della sua voce, il ricordo delle sue civetterie innocenti, il desiderio delle sue labbra rosse. Il poco che ella gli aveva accordato s’ingigantiva e si inaspriva ora al sorgere di tutte quelle memorie, gli pareva che ella fosse stata qualcosa per lui, gli avesse lasciato come una promessa. Ma tornando a farle visita, ogni volta, si trovava di nuovo impacciato e timido; sentiva ingigantire il suo desiderio all’ostacolo che incontrava in sè stesso; continuava ad esprimerle la sua ammirazione bramosa con una riserbatezza esitante che aveva l’attrattiva del pudore. La donna ricominciava a sentire un piacere mascolino nell’indovinare tutte coteste