Pagina:Verga - Il marito di Elena.djvu/275


— 265 —

perba di poter dire, quando la folla pronunziava commossa il nome di lui: — È mio!

Si rizzò adagio adagio, poichè le ginocchia gli dolevano, e cominciava a comprendere che era ridicolo il rimanere in quella positura, se ella non lo tirava su fra le sue braccia. Andò a rintracciare delle poesie che aveva scritto per essa, ispirato dall’amore, in quella stanzaccia tutta vibrante del pensiero di lei. Ella ascoltava, cogli occhi intenti, bramosa di commuoversi alla cadenza melodiosa di quella voce concitata, che suonava come un sermone nel silenzio della vasta camera, isolata sui tetti. Cercava anche lei qualche cosa, una parola adatta, un argomento che non seguitasse a far battere la campagna al pensiero, lontano dalla loro situazione. Trovò soltanto:

— Avete scritto qui.... queste cose?

— Sì, rispose lui, pensando a voi! Qui non giungono altri pensieri, non sale voce umana. Quando apro quelle imposte vedo soltanto dinanzi a me il mare immenso, e mi basta. È l’alloggio di un uccello solitario. Ve l’avevo detto.