le pigliava tutto il tempo, fu lasciata alla balia. Elena tornò alle sue visite, ai suoi concerti della Filarmonica, alla messa delle due, la domenica, prima di passare davanti al Caffè d’Europa, e prima d’andare a fare la passeggiata alla Villa, dalle quattro alle cinque. Il marito fu persuaso che il suo studio ingombrava il quartiere, e lo trasportò al pian di sopra. Nelle due stanze un tappezziere allogò a credenza tutta la sua roba vecchia, in un disordine artificioso e pieno di pretese suggerito dall’Elena. Fu preso un altro domestico pel venerdì, canuto, maestoso, accuratamente raso, che aveva l’aria di aver fatto ballare sulle sue ginocchia la padrona. Gli intimi della casa si erano aumentati prodigiosamente. Le serate musicali della signora Elena erano affollate di baronesse e di marchese più o meno decadute, di signore senza titolo ma che davano il tono alla moda, di uomini tutti della miglior società che potevano parlare sul serio delle loro relazioni aristocratiche, e venivano davvero da casa B. e dalla duchessa C. colle