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In lui tutto era modesto: il lavoro, la tenerezza, la generosità, delicata. Quando facevano dei progetti per l’avvenire della bimba, dei castelli in aria, quelli di Elena erano sempre i più belli e i più pittoreschi. Parlava di cercare una bambinaia inglese, e una istitutrice toscana, maestri di musica, di disegno, di lingua, che so io. Una volta lanciata, rifaceva colla figliuola i fantastici progetti della sua giovinezza, che non si erano realizzati. Cesare non osava però rompere con una parola quelle divagazioni sfrenate dell’immaginazione, sorrideva dolcemente, quasi per richiamarla alla realtà. Ma in cuor suo si sentiva delle vaghe angoscie, come l’eco dei dolori che quelle illusioni gli erano costate.

Però le sue inquietudini si calmavano alla luce blanda di quella lampada, fra quelle note pareti, al cinguettìo infantile di quelle due voci adorate. E ripeteva dentro di sè: — È una bambina anch’essa! e glielo diceva anche col suo sorriso un po’ triste, accarezzandole colla mano la testolina bruna allo stesso modo