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spiccavano solo i capelli bruni, e le ombre vaghe del viso, Cesare fu assalito da un pauroso presentimento, da un terrore superstizioso che gli agghiacciava il sangue nelle vene al pensare che in un momento di disperato dolore egli aveva invocata la morte, la morte per sè o per lei, non sapeva per chi. Allora tutta la sua collera, tutta la sua angoscia si fondeva in un’altra angoscia sorda e molle, in una tenerezza cieca e disperata che gli avrebbe fatto afferrare piangendo quelle mani lunghe e bianche posate sulle lenzuola, se non avesse temuto di destarla. Ella, quando si sentiva un po’ meglio, lo guardava con quegli occhi pieni di febbre, troppo sfinita per poter parlare, o come se non avesse osato farlo, quasi volesse domandargli perdono del male che gli aveva fatto, con certa serenità carezzevole di bestia malefica, inconscia ed irresponsabile, con un sorriso melanconico, stendendogli le mani pallide. In quei momenti ei le leggeva sino in fondo all’anima, attraverso quegli occhi limpidi, e pensava che ella gli aveva dilaniato il