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Così trascorsero parecchi giorni. Col tempo il primo impeto di dolore disperato che sembrava collera andava mutandosi in una tristezza desolata e taciturna. Un giorno verso sera, arrivò donn’Anna, tutta scalmanata, collo scialle giù per la schiena, facendosi accompagnare stavolta da Roberto. Nella notte Elena diede alla luce una bambina. Il marito che aveva atteso nella stanza accanto, trasalendo dall’intimo delle viscere ad ogni lamento soffocato che si udiva, allorchè aprirono l’uscio si sentì balzare il cuore alla gola in un sol palpito. Egli si accostò al letto di sua moglie, sgomento, con un gran tumulto di pensieri e di affetti in cuore. Elena, abbattuta, col viso bianco, pareva non ci avesse più una sola goccia di sangue nelle vene. Come la chiamavano con voce carezzevole ella voltò il capo dall’altra parte, con quell’espressione di disgusto, di dispetto infantile che hanno certi ammalati, senza aprire gli occhi. Le sole parole che disse furono:
— Lasciatemi stare! Lasciatemi stare!