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testa bruna posata sul braccio candido, coi suoi folti capelli neri che facevano una grande ombra sul guanciale. Il poveretto sospirò un’altra volta dal profondo delle viscere, con un senso di angoscioso sollievo.

Domani! Bisognava aspettare a domani. Domani sarebbe stato più calmo e più chiaroveggente. Giacchè aveva aspettato sino allora, poteva aspettare ancora sino al domani, e farle comprendere che agiva senza precipitazione e dopo matura riflessione. Una notte passa presto. Però che notte! in quello studiolo! colla testa fra le mani! Quanti pensieri, quanti ricordi, quante visioni, quanti sogni!

Se Elena venisse a cercarlo inquieta di non averlo sentito andare a letto nella camera accanto? Se ella aprisse l’uscio dello studiolo? Se ella avesse indovinato tutto, e venisse a dirgli: — Guarda, sono innocente? — Oppure — Ti amo ancora, ti ho sempre amato. Perdonami! — Perdonami?...

Che alba scolorita e triste imbiancava i vetri del balcone! Un altro giorno che incominciava!