Pagina:Verga - Il marito di Elena.djvu/240


— 230 —

rino Elena era già a letto. Cesare aspettò ancora qualche tempo dietro l’uscio che tutti i rumori della casa tacessero. Gli pareva in quel momento che stesse cercando le parole colle quali doveva incominciare, spiegare il motivo per cui s’era taciuto sino a quell’ora; tutte le angoscie che aveva sofferto dal mattino, tutte le gioie che gli si erano mutate in dolore gli tornavano vive alla memoria, ad una ad una, là davanti a quello stesso uscio, in quella stessa camera dove Elena aveva abbandonata la testolina bruna sull’omero di lui. Egli pianse lungamente, amaramente, colla fronte sullo stipite, con un tremito di tutta la persona, soffocando i singhiozzi perchè Elena non udisse. Ella non doveva udire, non poteva nemmeno piangere dinanzi a lei, sfogare sui suoi ginocchi l’immensa sua angoscia. Era il marito che non è più amato, di cui le lagrime sono ridicole.

Quando si sentì gli occhi secchi sulle guance asciutte, dischiuse dolcemente l’uscio. Elena dormiva col respiro leggiero da bambina, colla