Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
— 228 — |
fame, cercando di prolungare il pranzo per ritardare l’ora in cui la serva avrebbe sparecchiato e li avrebbe lasciati soli faccia a faccia, coi gomiti sulla tavola.
Elena era tranquilla come al solito. Di tanto in tanto suo marito trasaliva all’udire la sua voce calma, incontrandone a caso gli sguardi sereni. Sentiva per istinto che la dissimulazione che si era imposto sin allora gli toglieva gran parte della sua forza, diminuiva la sua parte di diritto, lo avvinceva a poco a poco alla rassegnazione. Se Elena sapeva che la sua lettera era in mano di lui fin dalla mattina, come dirle che aveva aspettato tanto tempo con quella ferita nel cuore? come parlare della sua collera e della sua gelosia, che aveva saputo far tacere quando dovevano essere più vive? La serva sparecchiava, gli levava i tondi di sotto lo mani, e il tovagliuolo dalle ginocchia, che egli era ancora a tagliuzzare le buccio delle pesche. Elena era andata sul balcone. Di lì a un istante rientrò annunziando che arrivavano donn’Anna e la Camilla. Cesare mise un respiro lungo.