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tendo colpi fiacchi collo spolveraccio. Di tanto in tanto l’uscio della cucina cigolava.
Il suo pensiero correva da Elena alla serva, con una dolorosa rapidità, con un va e vieni di pendolo che gli martellava il cervello e le faceva trasalire d’impazienza. Ad un tratto cotesto pensiero si arrestò sull’Elena, all’istante in cui sarebbe comparso dinanzi a lei colla lettera in mano. Allora si rassegnò immediatamente ad aspettare; voleva avere il tempo di calmarsi, e di sapere quel che andava a dirle.
Quel che andava a dirle? Che cosa? Che ella amava un altro, Cataldi? che ella glielo scriveva, in quella lettera lì, sotto i suoi occhi? E se non glielo scriveva? Se gli imponeva invece di lasciarla tranquilla e onorata, di non disturbare la sua pace?... Ma come, se egli era lontano? Egli le aveva scritto dunque? In qual modo? La serva doveva saperlo. Essa che assaporava ipocritamente le sue angoscie, che gli dissimulava male il suo disprezzo... E quando? Dove erano queste let-