Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
— 209 — |
quel che doveva farsi, a sgridare la serva, la quale allungava il muso a tutte quelle novità, e strascinava le ciabatte per la casa, brontolando, guardando cogli occhi torvi ogni pannolino che le davano da stirare, sbattendo la granata contro gli usci nello spazzare, sfogandosi a picchiare i mobili collo spolveraccio; e si calmava soltanto se rompeva qualche cosa, restava lì a guardarla e a girarvi attorno, alle sgridate di Elena rispondeva che non l’aveva fatto apposta, non sapeva far meglio, se non erano contenti se ne andava — posava lo spolveraccio sulla prima suppellettile che capitava, grattandosi i gomiti aguzzi: — Tanto per quel che si buscava adesso!...
Sola donn’Anna bastava a rintuzzare la petulanza di quella donnaccia, la quale appena la vedeva arrivare andava a rintanarsi quatta quatta in cucina, colla granata sotto il braccio.
La mamma rimbrottava alla figliuola: — Come puoi tollerare gli sgarbi di colei? Non
Verga. Il marito di Elena. | 14 |