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zandosi sul seggiolone, come se gli avessero dato una coltellata. — No! non posso. Facciamo a metà. Cento li perdi tu, e cento io.
Il disgraziato tornò a casa con cento lire in tasca come se ci avesse un tesoro. E sinchè durarono si chiuse nello studiolo, senza dar retta al suocero il quale gli suggeriva temi importantissimi di legislazione. All’Elena, che tornava inquieta all’ora del desinare, si mostrava più calmo, e alle volte sembrava che fosse spinto a farle una confidenza, la guardava con effusione di tenerezza, le diceva:
— Se mi riesce quel che ho in mente di fare, le nostre angustie avranno fine.
Ma quando terminarono anche quelle poche lire, il poveretto non ebbe più testa di lavorare, nè d’altro. Ricominciarono le angoscie di ogni giorno. Infine, colla disperazione nel cuore tornò dallo zio, balbettando che gli prestasse ancora cento lire, cinquanta anche... quel che voleva. Non avevano più un soldo in casa, non avevano da comprare il pane, fra