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potuto saperlo. Piuttosto, spinto dalla necessità si risolvette a tornare dallo zio Luigi, il quale gli aveva chiuso l’uscio sul naso dopo il suo matrimonio, prevedendo quello che doveva succedere coll’istinto dell’avaro. Ma il bisogno stringeva talmente alla gola il povero giovane, gli metteva tal disperazione nell’anima e negli occhi, che lo zio Luigi stesso non potè parare interamente la stoccata. Egli sfogò la bile che gli recava la domanda facendogli un lungo sermone, rimproverandogli la sua follìa, rinfacciandogli che glielo aveva predetto. Il poveretto, seduto di faccia allo scrittoio, inerte, col dorso abbandonato sulla spalliera della seggiola, si lasciava dir tutto, confessava tutto, conveniva che si meritava tutto. Egli aveva bisogno di duecento lire, tutto era lì. Ne aveva bisogno come il pane da mangiare. Egli era venuto per chiederne in prestito cinquecento. Ma il cuore gli era venuto meno dinanzi alla faccia dello zio.
- Duecento lire! esclamò lo zio Luigi riz-