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nato, ma ne indovinava confusamente il motivo e si sentiva montare le fiamme al viso.
— Va! va! — ripeteva in preda a un’inesplicabile turbamento. — Lasciami sola un momento. Son fatta così. Son cattiva! son cattiva! Ma ti voglio tanto bene... Povero Cesare!
Però l’affare grosso del procuratore «strascina faccende» non fruttò nulla a Cesare, malgrado l’impegno col quale ci si mise. Il cliente fu condannato a rilasciare il fondo che voleva appropriarsi, e il procuratore, furibondo, per non dargli un soldo, andò predicando dappertutto che Dorello aveva rubata la laurea. I colleghi si scandolezzarono che egli avesse assunto la difesa di quel processo vergognoso e infruttifero. Un camerata dell’Università, ch’era andato ad esercitare la professione di notaio in provincia, gli mandò una cliente la quale aveva il marito accusato di grassazione, giurando che non poteva pagar più di 25 lire. Il presidente del tribunale gli assegnò qualche difesa officiosa al Correzionale, che lo faceva guardare in cagnesco dall’impu-