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beni di fortuna, che bisognava aiutare a spingere innanzi in tutti i modi. Egli aveva accolto l’antico alunno come un padre, gli parlava amichevolmente, e faceva aspettare una folla di gente per discorrere con lui, ma credeva che Cesare non fosse tanto bisognoso quanto i due giovani che proteggeva. Lo vedeva ben vestito, gli sapeva una moglie elegante. Cesare non ebbe il coraggio di disingannarlo, e tornò colle gambe ed il cuore rotti nello studiolo, dove il suocero si accaniva ad aiutarlo nel suo lavoro immaginario, sprofondato dietro un monte di libri e di opuscoli, così infatuato dalla sua idea che non si avvedeva dello scoraggiamento e della stanchezza che c’erano negli occhi fissi del genero, nel viso lungo, nelle braccia pendenti. Elena al sentirsi ripetere continuamente: — Nulla! nulla! — al veder sempre quella fisonomia scorata, sentiva mancarsi d’animo anche lei; l’insuccesso continuo l’indispettiva contro quell’uomo che non sapeva esser forte, che non sapeva lottare, che non sapeva pigliare d’assalto la sua