quella faccia da ritratto antico, posata gravemente sulla barba a collana di padre di famiglia e di vice-segretario giubilato; sicchè la Camilla istessa adagio adagio trasse il fazzoletto di tasca, e si soffiò il naso; donna Anna scacciò il gatto che le si era accovacciato in grembo, e successe un silenzio funebre. In quella stanza muta tutto parlava ancora di Elena, la quale l’aveva piantata come aveva voltate le spalle nel ritratto: le copertine all’uncinetto che decoravano le spalliere venerande delle poltrone floscie; i fiori di carta, inalterabilmente petulanti, sugli stipi e sulle cantoniere senza pretese, senza stile, senza età e senza vernice; i vetri del balcone dipinti come una finestra di chiesa. — Ha le fate nelle mani quella ragazza! — soleva dire donn’ Anna allorchè passava in rivista le virtù della figlia dinanzi alle nuove conoscenze; e aggiungeva che le due ragazze erano pratiche altresì di tutti quei lavori più intimi e modesti che deve conoscere una buona madre di famiglia. Su ogni mobile c’erano dei