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pareva ora veramente di essere il Figliuol Prodigo, sentiva la collera fredda e implacabile di quello zio che l’aveva idolatrato alla sua maniera calma, dietro quei vetri inesorabilmente chiusi.

Elena, appena giunta in paese, era andata a far visita ai Goliano, ai Brancato, a tutte le amiche della villeggiatura, che l’avevano ricevuta impalate su divani pompejani, duri come banchi di pietra, in vecchi saloni saccheggiati, mobigliati soltanto di stemmi giganteschi, dove si sentiva l’odor delle scuderie sottoposte, sciorinando ad ogni momento la litania delle loro parentele aristocratiche e dei loro possessi, saettando alla sfuggita sguardi velenosi sulle sue eleganti toelette nuove da sposa, e ad ogni suo atto da cittadina. Ella, dopo che ebbe fatto passeggiare per tutte le stradicciuole di Altavilla le sue belle tolette nuove, davanti ai curiosi che si affacciavano agli usci, cominciò ad annoiarsi nel suo salottino, che aveva messo in ordine alla meglio con quattro gingilli ed un po’ di stoffa, aspettando il