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accanto a don Peppino, ritta sul seggio, coi piedini posati arditamente sulla panchetta, tenendo una sigaretta fra le labbra, raggiante, e si voltava di tanto in tanto verso il marito e la compagnia, esclamando: — Va bene? va bene? — con una voce vibrante senza saperlo di voluttà, di una gioia fanciullesca.

Il Barone stava tutt’occhi alle teste dei cavalli, faceva sentire la sua voce; di tanto in tanto posava la mano su quella di lei per dare una trinciata di morso, era costretto a premere qualche volta col ginocchio le ginocchia di lei strette nel vestito attillato. Una sera, nella vasta pianura già velata di ombra, mentre il gracidare delle rane spandeva come una larga malinconia, egli raccolse un fiore campestre che le era caduto dal petto, e se lo portò alle labbra.

Elena aggrottò le ciglia, e per tutta la sera fu di un umore orribile. Suo marito non le aveva mai visto quegli occhi sotto quelle sopracciglia aggrottate e quasi con-