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naso in aria, per vederle mettere il cucchiarino nel gelato, chiacchieravano a voce alta, ridevano forte, con la bocca stretta, e tenevano il mignolo in aria, quasi fossero innanzi allo specchio. Elena invece discorreva tranquillamente col Barone, tutto occupato di lei, colla frusta ritta come un cocchiere, sorbiva il suo gelato guardando i curiosi, assisa naturalmente sull’alto cocchio come su di un trono, coll’ombrellino sulla spalla, rispondeva con un lieve chinar di capo alla presentazione che le faceva don Peppino dei primarii del paese venuti dal casino a far circolo intorno al legno, a testa scoperta. Soltanto le narici delicate di lei si dilatavano di tanto in tanto, e al marito che le domandava se si divertisse, rispondeva di sì, di sì, chinandosi verso di lui, cogli occhi lucenti — il suo sorriso non era stato mai così grazioso.
Quando ritornarono indietro, a sera, ella non disse più una parola, stretta nel suo scialletto. Guardava la vasta pianura che si addormentava, le colline sfumate in un nembo